L'industria sta attraversando un periodo di trasformazione sia dal punto di vista del modello di business sia per l'impatto delle nuove tecnologie. Anche dal punto di vista finanziario. Il settore farmaceutico sta attraversando un periodo di transizione. Da target d'investimento difensivo, ha incontrato negli ultimi anni una volatilità maggiore. Dietro la quale ci sono diversi elementi, a cominciare dalle promesse elettorali di Donald Trump fino a una trasformazione nel modello di business che rende meno definite le prospettive di medio-lungo termine.
Il mercato più florido è quello degli Stati Uniti d’America con una percentuale di sviluppo stimata al 2016 di circa il 10 % annuo. Un incremento maggiore rispetto agli anni passati di circa il 4-5 %. L’incremento è poi dovuto alla particolare reattività del mercato americano che fa registrare un cospicuo lancio di nuove medicine e quindi di nuovi brevetti. Il consumo dei nuovi farmaci risulta essere anche concomitante alla progressiva riduzione nel consumo di farmaci generici.
Il mercato cinese è poi il più reattivo dopo quello statunitense. In termini di consumo di farmaci attualmente si colloca dietro gli Usa, ma nei fatti si stima una percentuale di sviluppo molto alta. Si stima, infatti, sino al 2017 una crescita del 12% complessiva con punte annuali del 14 %. In miliardi, il mercato cinese varrà nel 2017 circa 155-185 miliardi. Peraltro, in Cina si stanno adottando delle grandi riforme sanitarie, oltre ad essere realizzati nel settore pubblico pesanti investimenti in strutture sanitarie che sviluppano una domanda molto consistente di farmaci. Tuttavia i farmaci maggiormente richiesti sono i generici, quelli non di marca, proprio a causa della pressante richiesta e quindi dell’elevato costo.
Le tipologie di farmaco che vengono richieste di più sono sicuramente quelli oncologici, per le malattie autoimmuni e respiratorie oltre alle malattie legate a specifici virus. Il 40 % della domanda globale delle medicine vendute viene assorbito da queste macrocategorie di sindromi. Le forme preferite sono quelle per via orale in quanto diminuiscono di gran lunga i costi anche di somministrazione. La spesa per la cura del cancro è prevista nel 2016 in circa 100 miliardi di dollari con un aumento nei prossimi tre anni di circa 70 miliardi di dollari per anno. Anche il diabete è una fonte di reddito importantissima per le industrie farmaceutiche con una cifra stimata anch’essa di circa 75 miliardi di dollari, cosi come l’introduzione di nuove cure per le epatite C.
La farmaceutica italiana è un settore in salute. Secondo i dati diffusi dal presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, ha 65mila addetti, 15mila nuovi farmaci in sviluppo, 7mila farmaci già in sperimentazione clinica, 31 miliardi di fatturato in produzione, 2,8 miliardi di investimenti in ricerca clinica e 700 milioni in studi. Ovunque però si assiste a un cambiamento, spiegato al Sole24Ore da Silvio Belletti, esperto di BCG. In passato, alcuni farmaci (specie nell'assistenza sanitaria di base) potevano contare su un volume di vendite enorme, spalmato su più anni e che, nel tempo, incrementavano ricavi e margini. La loro performance dipendeva dagli investimenti su distribuzione e marketing. Insomma: le imprese potevano contare su farmaci blockbuster. Oggi c'è invece una maggiore difficoltà a innovare nella cosiddetta “primary care”. E devono affrontare l'incombenza delle scadenze brevettuali. Risultato: le società farmaceutiche si sono spostate verso cure più specifiche, perché ciò che conta è la capacità di registrare nuovi farmaci e ottenere prezzi di rimborso adeguati ai costi di ricerca. Questo nuovo modello può dare risultati brillanti, ma anche molto negativi. In generale, è comunque un business che Belletti definisce “meno stabile”